Gli errori gravi negli scacchi: un distinguo

Articolo scritto da: Riccardo Bizzarri

Giochiamo; vinciamo o perdiamo, o pareggiamo, e, al di là del risultato, difficilmente non sottoponiamo la partita all’analisi del motore, anche se questa analisi non sarà poi oggetto di studio approfondito, quanto piuttosto di una velocissima scorsa alla scoperta degli errori gravi negli scacchi.

Molto spesso – e si chiarisca qui che il presente intervento si rivolge a giocatori che siano ancora ben in confidenza con i maledetti due punti interrogativi – il profilo disegnato dalla linea di valutazione apparirà una stilizzazione delle montagne russe, o, se ci sentiamo poeticamente ispirati, potremo scorgervi l’imponenza di una catena montuosa, ma resta il fatto che quei picchi o in alto o in basso sono la resa grafica dell’accadere di errori gravi, puntualmente ribaditi in formulario da i due punti interrogativi colorati di un rosso che ogni volta sembra più vivido e brillante.

I due punti interrogativi fanno male, simbolo di errori gravi negli scacchi; eppure ritengo – e questo è il motivo che mi ha spinto a scrivere questo articolo – che sia necessaria una modulazione da parte del giocatore-studente in merito a quanto debba lasciare che quel famigerato segno diacritico lo ferisca.

Due a mio parere sono le modalità con le quali si deve affrontare il doppio punto interrogativo, perché due sono le categorie all’interno delle quali, in estrema sintesi, è possibile raggruppare i suddetti errori gravi.

Alla scoperta degli errori gravi negli scacchi

Per illustrare questo pensiero, mi servirò di posizioni tratte da una mia partita giocata in tempi recentissimi on-line, sul portale Lichess, a 10 minuti + 5 secondi di incremento per ogni mossa. Posizione dopo 11.f3

Volendo con questo testo mettermi in gioco io stesso come giocatore-studente, mi concentrerò sulle mie mosse e non su quelle dell’avversario – che pure ha contribuito non poco a fare della linea di valutazione uno splendido profilo montano impreziosito da uno specchio d’acqua che lo riflette nitido – e sarà qui sufficiente introdurre la posizione dicendo che 11.f3 viene dal motore accompagnata dai due punti interrogativi, così come è ovvio anche la successiva del N, poiché non sfrutta un importante vantaggio ( –1.7 da +0.2) regalatogli dal B.

La mossa 10 del N era stata 10…e6, con l’idea di procedere con lo sviluppo e giocare successivamente 11…Ae7, mossa che il N effettuò rapidamente, e che il motore segna col rosso (si va di nuovo a 0.0 da –1.7)

Alla scoperta delle mosse migliori!

La mossa migliore è qui 11…c4, alla quale il B deve rispondere ritirando la D in c2; di fronte a questa linea che in prima analisi il motore bloccava a Dc2, decisi di tentare, per capire che cosa stesse accadendo, la presa di pedone o la presa di D in c4, perché con queste prese altro non vedevo che un pedone perso per il N. Riporto le linee conseguenti:

  • 12.dxc4, Ac5+; 13.Rh1, Dd3; 14.Cd2, O-O; 15.Dxb7, Ch5; 16.Db3, Cf4; 17.Dd1 e qui mi fermo: la valutazione è –2.6, nonostante i due pedoni in meno del N; riporto di seguito, per chiarezza e promozione della sensibilità posizionale, il diagramma con la posizione dopo 17.Dd1:

  • 12.Dxc4, b5; 13.Db3, Dxd3; 14.Cd2, Ac5+; 15.Rh1, Ae3; 16.c4 con valutazione di –2.2; di seguito il diagramma alla mossa 16 del B:

Il senso di soddisfacimento…

Posso comunicarvi la sensazione di aver intuito, guardando queste linee, che il N cerca di sfruttare la debolezza sulla diagonale g1-a7, che pur dando i due pedoni nella prima linea si ritrova con i pezzi molto attivi e il Re al sicuro e in dominio della scacchiera, ma sarebbero, per quanto valutazioni probabilmente in sé corrette, comunque valutazioni operate dalla mente di un giocatore che non ha ancora le conoscenze per comprendere a pieno quanto accade sulla scacchiera anche quando alcune linee si dispiegano davanti ai suoi occhi, e che certo mai, allo stato attuale della sua forza, avrebbe potuto vedere 11…c4!

Queste mie ultime parole vogliono individuare la prima categoria di errori gravi: quelli conseguenti alla mancanza di conoscenze da parte del giocatore; il doppio punto interrogativo fa sempre male, ma in questi casi dobbiamo scrollarci di dosso il dolore, subito, e cercare di gioire della possibilità di avere messo un piede all’interno di un territorio non conosciuto che ci promette nuove conoscenze e quindi una nuova forza – il picco del profilo è insomma una montagna che possiamo provare l’ebbrezza di scalare.

Gli errori gravi continuano…

Veniamo ora alla seconda categoria (posizione dopo 41.Cf2):

Qui ho giocato 41…Cb6; appena mosso il pezzo mi resi subito conto di aver commesso un errore, e il motore non solo conferma ma rincara la dose: doppio punto interrogativo, perché qui il N cede un pedone senza alcun compenso anzi permette all’A bianco di entrare devastante nel campo nemico con 42.Axe5.

Questo errore grave appartiene alla seconda categoria all’interno della mia proposta di riflessione, e cioè quella degli errori gravi che non sono conseguenza di una mancanza di conoscenza da parte del giocatore – superficialità, distrazione, ad esempio, come in questo caso; il N aveva giocato …Cd7 proprio per proteggere il pedone e5 e dare mobilità all’Alfiere prima in d6 e unico difensore del suddetto pedone, poi lo sposta dopo un paio di mosse, ed ecco che la valutazione va da +0.0 a +2.1.

La sentenza del motore: amico o nemico?

In questi casi il picco della valutazione non è una montagna da scalare, ma una lama dalla quale dobbiamo permetterle di farci ferire, un po’ più in profondità rispetto agli errori della prima categoria, in modo che oltre alla memoria della mente anche la memoria del corpo, volendo evitare il dolore esperito, sia di aiuto a far sì che errori di questo tipo non si commettano più.

La mia insistenza sull’importanza della volontà del giocatore a farsi ferire è voluta: la partita finì patta, e il N, cioè il sottoscritto, avrebbe potuto vincere ancora perché più avanti nella partita il B avrebbe perso tutto il suo vantaggio e sarebbe persino finito sotto di un –5.0, e il N, nell’analisi successiva alla battaglia, deve fare molta attenzione a non cadere nella trappola psicologica di non pesare adeguatamente i propri errori, magari dicendo a se stesso che nonostante tutto era ritornato in vantaggio schiacciante; ancora più faticoso dare spazio al dolore se la partita poi fosse stata vinta – eppure quella mossa di Cavallo rimane grave.

Questi ultimi sono gli errori che ritengo debbano essere considerati gravi in senso stretto, perché tradiscono una conoscenza che ci si è dedicati a costruire; i doppi punti interrogativi della prima categoria sono da un punto di vista oggettivo delle precipitazioni – o esplosioni – nella valutazione, un’alterazione radicale dell’equilibrio, e per questo, se sfruttati dall’avversario, definitivi in merito alla conclusione della partita in corso, ma non tradiscono, anzi spronano con grande forza la conoscenza affinché espanda i propri orizzonti.

Qui di seguito la partita completa:

Gli errori gravi negli scacchi: un distinguo
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